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ARGOMENTO: Libia

Libia 02/03/2011 20:40 #31223

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ARTICOLO TRATTO DAL CORRIERE 30 AGOSTO 2008

"Il premier a Bengasi per l'intesa miliardaria sui risarcimenti
Berlusconi da Gheddafi, siglato l'accordo: «Uniti sull'immigrazione»
«Finiscono 40 anni di malintesi. Meno clandestini sulle nostre coste e più petrolio». Scambi di doni fra i leader

BENGASI - Grazie al trattato siglato oggi, l'Italia potrà vedere ridotto il numero dei clandestini che giungono sulle nostre coste e disporre anche di «maggiori quantità di gas e di petrolio libico, che è della migliore qualità»: questo il commento del premier Silvio Berlusconi, che ha firmato oggi con Gheddafi a Bengasi il trattato di «amicizia, partenariato e cooperazione» tra Italia e Libia. Sotto la tenda del Colonnello libico è stata siglata l’intesa che vedrà il nostro Paese risarcire l’ex colonia con circa 5 miliardi di dollari in 20 anni. La firma dell’accordo è stata salutata con lungo applauso dei presenti. «La firma di questo trattato ha una portata storica e chiude definitivamente la pagina del passato», ha detto Berlusconi, affermando inoltre che Italia e Libia combatteranno insieme «contro i commercianti di schiavi» nel contrasto all'immigrazione clandestina.

LOTTA ALL'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA - A fronte degli indennizzi per 5 miliardi di dollari che l'Italia stanzierà per «voltare pagina» rispetto al periodo dell'occupazione coloniale, Roma si attende infatti la piena collaborazione da parte della Libia nel contrasto all'immigrazione clandestina e l'attuazione dell'accordo già firmato nel dicembre 2007 per il pattugliamento congiunto delle coste libiche dalle quali salpano fiumi di migranti verso Lampedusa. L'accordo si baserà su una somma di 200 milioni di dollari all'anno per i prossimi 20 anni, sotto forma di investimenti in progetti infrastrutturali in Libia.

«40 ANNI DI MALINTESI» - Il Trattato di amicizia, partnerariato e cooperazione, ha detto Berlusconi, «deve mettere fine a 40 anni di malintesi: c'è un riconoscimento completo e morale dei danni inflitti alla Libia da parte dell'Italia durante il periodo coloniale». Gli accordi prevedono investimenti per un'autostrada costiera che attraversi tutta la Libia, dall'Egitto alla Tunisia. L'intesa prevede inoltre la costruzione di alloggi nel Paese nordafricano, borse di studio per studenti libici e pensioni di invalidità per i mutilati vittime delle mine anti-uomo poste dall'Italia su territorio libico durante il periodo coloniale. Berlusconi ha inoltre riconsegnato a Gheddafi la statua della Venere di Cirene, che fu scoperta da archeologi italiani nel 1913 e da allora custodita al Museo nazionale romano. La restituzione era stata già decretata nel 2002, ma Italia nostra aveva presentato ricorso al Tar del Lazio; il 23 giugno scorso il Consiglio di Stato che ha dato il via libera definitivo.

SCAMBIO DI DONI - Piccolo fuori programma di colore familiare tra Berlusconi e Gheddafi durante il colloquio, che si è svolto sotto la tenda del colonnello. A riprova del clima di cordialità tra i due, il Cavaliere ha mostrato a Gheddafi (in tunica bianca e turbante color nocciola) le foto dei suoi nipotini pubblicate di recente da alcune riviste italiane. Una, in particolare, ritrae la moglie Veronica Lario mentre culla in braccio il piccolo Alessandro, l'ultimo arrivato in famiglia, figlio di Barbara Berlusconi. Alcuni dei nipotini del leader della Jamahiriya, invece, Berlusconi li ha potuti conoscere personalmente: erano accanto al nonno rais prima che i due leader entrassero nel vivo dei colloqui. Il premier ha recato in dono al leader libico un leone d'argento, con la testa apribile: all'interno un calamaio con due penne per firmare il trattato. Gheddafi ha invece donato al Cavaliere un abito bianco di lino, con camicia assortita.

IL DISCORSO - Nel suo intervento, Berlusconi ha prima di tutto rivolto un «ringraziamento affettuoso e cordiale al vostro leader che ha voluto fortissimamente arrivare a firmare questo accordo. Accordo che giunge dopo quei momenti tragici e drammatici dell`occupazione italiana del vostro Paese». Berlusconi ha poi ribadito le scuse per il periodo coloniale. «A nome del popolo italiano, come capo del governo, mi sento in dovere - ha affermato - di porgere le scuse e manifestare il nostro dolore per quello che è accaduto tanti anni fa e che ha segnato molte delle vostre famiglie». In conclusione, uno slancio d'affetto: «Lascio a voi in questa giornata il mio cuore, felice, veramente felice di essere riuscito a mettere da parte tutto ciò che non era amore. Sono felice di guardare verso il futuro con quei sentimenti che soli portano la felicità e il benessere all'uomo, che sono l'amicizia, la fratellanza e l'amore».

«INCREDULI E SDEGNATI» - Gli eredi della ex collettività italiana di Tripoli si dicono «increduli e sdegnati» per l'accordo raggiunto tra Italia e Libia. L'Associazione Italiani Rimpatriati dalla Libia da 38 anni si batte per ottenere una legge che chiuda il contenzioso per i beni confiscati da Gheddafi agli italiani, sempre rinviata «per mancanza di fondi». «Avrà Berlusconi, di ritorno da Bengasi, un sussulto di dignità, di umanità e di rispetto, riuscendo a dare una risposta personale ai ventimila cittadini italiani che fino ad ora hanno invano reclamato un idoneo stanziamento da parte del loro Governo, a chiusura del contenzioso per i beni confiscati da Gheddafi in violazione di un accordo internazionale?», si chiedono gli italiani rimpatriati. «Berlusconi ci ha dimostrato che quando si vuole, o meglio quando si è costretti, tutto è possibile, anche far saltare fuori dalle poste di un bilancio critico come il nostro cifre enormi - ha dichiarato Giovanna Ortu, presidente dell'Associazione - ma bisogna trovare in contemporanea il coraggio di dare riscontro a chi ha pagato, per conto del Governo italiano, il più pesante degli acconti ed è in credito da quasi quarant'anni».

BOSSI - Il leader della Lega, Umberto Bossi, giudica positivamente l’accordo raggiunto tra Italia e Libia. «Va bene l’accordo con la Libia perché la Libia fermerà gli immigrati clandestini invece di mandarli qui - ha detto Bossi parlando ad una manifestazione della Lega a Melzo - perché da lì che arrivano tutti gli extracomunitari. Mi sembra che ci sia un’azione della Libia per i clandestini che vengono qui. Ciò sarebbe un aiuto insperato e positivo», ha aggiunto Bossi. Bossi ha poi elogiato l’azione del ministro dell’Interno e collega di partito Roberto Maroni: «Se Berlusconi ha firmato l’accordo è anche perché ci ha lavorato sopra anche Maroni». "


COSA SUCCEDE OGGI:

Oggi in un'intervista Gheddafi usa queste parole:
- "abbiamo obbligato l'Italia a pagare 4 Miliardi per 20 anni"
- Gheddafi lancia un'offensiva per riconquistare la Cirenaica e minaccia la Nato in tv: "Se ci attaccate ci saranno migliaia di morti". Gli insorti chiedono una copertura aerea contro i mercenari. Navi americane hanno raggiunto il Mediterraneo


Prime conseguenze per l'Italia: gas bloccato e meno petrolio
In Libia bruciano i palazzi del potere ma in Italia la Borsa non festeggia, anzi, perde più che altrove. Come si spiega? Semplice: per ragioni storiche, politiche e geografiche, il nostro è il paese europeo maggiormente esposto economicamente e finanziariamente con Tripoli. Ed è, quindi, quello che dovrebbe subire i contraccolpi più pesanti per quanto sta avvenendo. Il primo c'è già stato: da lunedì sera il gasdotto di Greenstream, che collega Mellitah, sulla costa libica, con Gela, in Sicilia, è completamente fermo. Anche l'erogazione di petrolio è stata ridotta, ma la presenza di scorte sufficienti e di altre fonti di approvvigionamento fa sì che, al momento, la situazione non venga ritenuta preoccupante dal governo. Di sicuro sono a rischio i rapporti commerciali tra i due paesi. Petrolio, infrastrutture, sistemi per la difesa: è in questi settori dal grande interesse economico, che trova spiegazione la radicata presenza nel paese nordafricano di molte società italiane quotate a Piazza Affari, a partire dall'Eni.
La società del "cane a sei zampe", in Libia dal 1959, è qui il primo operatore "oil" internazionale, con una produzione di circa 244mila barili di petrolio equivalente al giorno, il 13% della produzione totale libica. Non solo: Tripoli è anche il nostro maggior fornitore di gas naturale (9,4 miliardi di metri cubi nel 2010). Una partnership energetica solida e in crescita. Nel giugno 2008 Eni e la società petrolifera di Stato Noc hanno infatti siglato un accordo che ha esteso di 25 anni la durata dei titoli minerari della società italiana fino al 2042 per le produzioni a olio e al 2047 per quelle a gas.
Sempre nel 2008, l'Eni ha avviato il potenziamento del gasdotto di Greenstream, lungo circa 520 chilometri, per consentire un aumento della capacità di trasporto a 11 miliardi di metri cubi/anno entro il 2012. La controllata Saipem ha invece un contratto in via di finalizzazione per la nuova autostrada libica in "joint venture" con Maire Tecnimont e altri operatori.
Quest'ultima è anche la principale opera infrastrutturale del "Trattato di amicizia italo-libico", siglato nell'agosto 2008 dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dal colonnello Muammar El Gheddafi. Accordo che, in sintesi, prevede: il versamento alla Libia di 5 miliardi di dollari in venti anni da parte dell'Italia per risarcire l'ex colonia dei danni risalenti al periodo coloniale; il rafforzamento della cooperazione tra le Forze armate dei due Paesi e il pattugliamento congiunto delle coste libiche; 250 milioni di dollari l'anno di stanziamenti destinati ad imprese italiane che costruiranno infrastrutture in Libia. Secondo il progetto originale, l'autostrada in questione dovrà percorrere l'intera costa libica, dal confine tunisino ad est fino all'Egitto ad ovest. L'appalto sarà diviso in cinque lotti, uno dei quali dovrebbe essere assegnato alla Impregilo, il gruppo di costruzioni guidato da Massimo Ponzellini che nel frattempo ha già vinto un ordine di circa 300 milioni di euro per opere di urbanizzazione della capitale libica e che è attualmente impegnato a Tripoli nella costruzione della sede della nuova sala conferenze (285 milioni di euro). Impregilo ha siglato inoltre contratti per la realizzazione di tre nuovi centri universitari in altri parti del paese (Misurata, Zliten, Tarhunah).
Con circa 5-6 miliardi di dollari all'anno di spese nel settore della difesa militare, Gheddafi è uno dei clienti più importanti di Finmeccanica, presente nel paese libico con le sue controllate. Dal 2004 AgustaWestland ha una "joint venture" con la Liatec (Libyan Italian Advanced Technology Company) e uno stabilimento di assemblaggio per elicotteri. Altrettanto attiva è Ansaldo Sts, che per alcuni lavori appena iniziati, ha già incassato anticipi per oltre 190 milioni di euro (il 15% del portafoglio, ovvero 650-680 milioni di euro si riferiscono ad una linea ferroviaria da realizzare in 5-6 anni). Il caos libico potrebbe però avere impatti negativi sull'assegnazione di nuove commesse: addestramento del personale per la linea ferroviaria di 60-70 milioni e la metropolitana di Tripoli, una gara da 200 milioni di euro comunque non prevista prima del 2012. La Libia è inoltre presente nell'azionariato di Finmeccanica con circa il 2,1% del capitale (0,6 miliardi di euro).
Anche Unicredit è legata a doppio filo con la Libia, visto che la Banca centrale di Tripoli possiede il 4,61% dell'istituto di piazza Cordusio e la Lia il 2,59%. I libici sono anche presenti nel capitale della Juventus, con il 7,5% e di Retelit (14,8%). Se a ciò si somma l'1% di partecipazione nell'Eni, se ne deduce che il valore corrispondente degli investimenti di Gheddafi in Italia è di 6,3 miliardi di euro.
Al di là dei grandi colossi, sono complessivamente 125-130 le imprese italiane che operano in Libia, di cui 112 registrate presso la locale sede dell'Istituto per il Commercio Estero. «Per un terzo - spiega Umberto Bonito, responsabile della sede Ice in Libia - si tratta di aziende che operano nella componentistica come subappaltatori di Eni; una trentina di aziende operano nelle costruzioni, e poi altre nella distribuzione di beni e servizi. La maggior parte delle aziende italiane impiega manodopera proveniente da altri Paesi, e pochissimi libici». Prima della rivolta, gli italiani presenti in Libia erano circa 600, tra lavoratori e loro familiari. Molti di essi sono già stati rimpatriati.
Da un uomo grande c'è qualcosa da imparare anche quando tace...
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